Abolire l’obiezione di coscienza: l’illegalità resa legge
In Italia, le norme che regolano il concetto vago e ambiguo di “obiezione di coscienza” riguardano 3 contesti legislativi: il servizio militare obbligatorio, la sperimentazione animale e la salute. Tali norme sono state scritte e pensate in epoche diverse, le cui conseguenze applicative dipendono dai differenti soggetti coinvolti.
Nella sperimentazione animale il diritto dell’obiettore e quello dell’animale non sono in contrapposizione e prima della legge 772 il mancato adempimento delle mansioni di un obiettore alla sperimentazione animale avrebbe potuto portare ad un licenziamento. Fino all’obbligatorietà del servizio di leva, per gli obiettori era prevista la reclusione, si è passati poi alla attenuazione della pena, sempre pagata dall’obiettore con il prolungamento del servizio civile. Ma qual è la punizione per il medico obiettore che rifiuta l’IVG o la contraccezione? Nessuna, anzi è l’unico caso in cui le conseguenze della scelta di chi obietta per ragioni etiche ricadono sulle vittime, sulla salute e a volte sulla vita stessa di chi la subisce, le donne.
Appare dunque evidente che generalizzare sul termine “obiezione di coscienza“ e attribuire valore giuridico ad una questione etica nel campo della ginecologia si rivela funzionale soltanto all’instaurarsi del concetto biblico del riconoscimento dell’embrione come soggetto di diritto. Seguendo questa logica, dato che biblicamente il tradimento della donna prevede la lapidazione, un marito può dunque uccidere la moglie e poi evitare la pena invocando l’obiezione di coscienza per motivi religiosi. Quando la religione passa all’interno della legislazione laica di uno stato, tutto diventa possibile. Se sottrarsi ai doveri professionali per un dipendente dello stato, in qualsiasi ambito e a qualsiasi livello, è un reato (l’interruzione di pubblico servizio) e viene punito anche con il licenziamento perché dunque l’obiezione di coscienza viene garantita solo quando si parla di maternità? O meglio, quando si tratta di impedire alle donne di potere decidere di se stesse e per se stesse?
L’articolo 9 della legge 194, che garantisce la possibilità a medici e personale sanitario in genere di non praticare l’IVG, e quindi di sottrarsi al loro dovere professionale si colloca fuori dalla legalità e si rivela lo strumento con cui rendere inefficace la legge 194 ed impedire la libertà di aborto.
La possibilità di obiezione, all’epoca, nello spirito della legge, doveva essere riservata solo al personale già in servizio all’entrata in vigore della 194 e non doveva essere applicata ai “futuri” ginecologici. Quale altra categoria professionale può evitare di applicare una legge dello stato per propri convincimenti morali? Che succederebbe se la stessa possibilità venisse data a giudici, poliziotti, funzionari pubblici in genere. L’obiezione di coscienza così come è sancita nella 194 è un’aberrazione giuridica e ha portato la percentuale di obiezione di coscienza nel paese ad una media del 70%, che in alcune regioni arriva anche al 90 %. Vi sono donne costrette a percorrere anche 800 km per trovare una struttura che garantisca l’IVG, questo implica una notevole spesa in termini economici per il viaggio e per rimanere fuori casa anche diversi giorni. Va da sé che le donne proletarie sono come sempre le più colpite. Anche nella discriminazione, la classe fa la sua differenza.
Ma è bene ricordare, oltre all’aspetto moralista-cattolico insito nella legge stessa, gli interessi economici che ruotano intorno all’obiezione e all’IVG che contribuiscono, quando non ne sono la causa, ad arricchire le tasche dei privati. Si tratta di un aspetto di primaria importanza. Va dunque denunciato che molti medici, i quali si dichiarano obiettori quando operano nel pubblico, si rendono invece disponibili a praticare l’IVG a pagamento nelle loro cliniche o ambulatori privati, in poche parole percepiscono un ottimo stipendio dallo Stato per non fare il loro dovere e fanno lauti guadagni privatamente sulla pelle delle donne grazie all’articolo 9 della 194 ed alla legge che consente la libera professione intramuraria, anche quest’ultima da rottamare al più presto.
Non sono da meno le cliniche, gli ambulatori e i consultori accreditati privati che percepiscono denaro pubblico per praticare l’IVG, un servizio sanitario che deve garantire lo Stato, ma in questo caso è accessibile solo alle donne con buone possibilità economiche, come avviene del resto per tutto il sistema sanitario nazionale ormai quasi totalmente privatizzato.
Ancora peggio sono tutte le cliniche private, ambulatori e consultori privati accreditati cattolici, che sono la maggioranza e a cui lo Stato regala il proprio denaro, il nostro denaro, per non erogare nemmeno il servizio, nella logica del “tutti presi e niente spesi“.
Il quadro di illegittimità, la lesione del diritto delle donne all’autodeterminazione, la violenza medica e ostetrica, lo sfruttamento della salute femminile a scopo di lucro rappresentano una precisa volontà del governo attuale e di quelli che lo hanno preceduto. L’obiezione di coscienza non è ancora lì per caso. E la frusta con cui il potere catto-borghese tiene sotto controllo le donne. Tentare di riaprire la discussione con gli organi di governo allo scopo di “regolamentare l’obiezione di coscienza” finirebbe inevitabilmente nell’ennesima riforma sanitaria al ribasso, col serio rischio di peggiorare la situazione, come è successo d’altra parte per tutte le riforme degli ultimi trent’anni. Non si va dal boia a contrattare con quale mezzo farsi tagliare la testa, piuttosto si tagli la testa al boia!
Le donne devono mettere in campo una lotta congiunta e serrata, con un’escalation di iniziative e scioperi a oltranza, affinché le parole d’ordine urlate l’8 marzo alla manifestazione di “NON UNA DI MENO” non rimangano solo pura propaganda. L’ABOLIZIONE DELL’OBIEZIONE DI COSCIENZA deve rimanere il perno centrale su cui ruota la lotta delle donne per la propria salute riproduttiva e sessuale. È un diritto già negato nei fatti da troppo tempo.
Occorre abolire l’articolo 9 della legge 194 e con esso la possibilità di avvalersi dell’obiezione sulla pelle delle donne, abolire la libera professione intramuraria nel sistema sanitario e qualsiasi finanziamento pubblico a enti sanitari privati. Non un centesimo dallo Stato a chi nega i diritti alla salute delle donne.