La classe operaia che non esiste più
Lo stesso giornale che ieri annunciava che “la classe operaia non esiste più” oggi nasconde una notizia raccapricciante che, invece, conferma proprio che le classi esistono eccome, e che la classe che ne paga le conseguenze in termini di oppressione è viva e vegeta.
Una vicenda simile a quella della commessa di Mediaworld aveva già visto protagonista, nel febbraio 2017 presso la fabbrica Sevel di Atessa (CH), un operaio, che era stato costretto ad urinarsi addosso per il divieto impostogli di recarsi al bagno. Dopo l’episodio, il sindacato USB aveva dichiarato sciopero e denunciato la condizione di operaie e operaie della Sevel.
Ma soprattutto ci riporta alla mente la battaglia delle operaie Fiat di Melfi contro la tuta bianca che dal 2015 ha sostituito la tradizionale divisa blu. Contro il pigiamone bianco (com’è stato soprannominato), si scagliano le operaie perché durante i giorni delle mestruazioni si sporca facilmente, ledendo la loro dignità.
Il prezzo del “sottocosto” di Mediaworld sono lavoratrici obbligate ad urinarsi addosso (e ad aspettare la fine del turno per cambiarsi): sostenere, a questo punto, che “la classe operaia non esiste più” non solo sa di attacco nei confronti della classe, ma di vero e proprio sberleffo nei confronti di condizioni lavorative ottocentesche.